Visita guidata alla scoperta dei luoghi danteschi. Sulle tracce del poeta nella sua cittĂ natale, vedrete dove Dante nacque e visse, proprio nel cuore della cittĂ , dove incontrĂ² la bella Beatrice nella chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, dove svolse l’attivitĂ politica partecipando ai consigli del popolo e al priorato.
Firenze, cittĂ natale di Dante Alighieri
‘io fui nato e cresciuto sovra il bel fiume d’Arno alla gran villa’ (Inferno XXIII, vv. 94-95). Dante e Virgilio attraversano le malebolge dell’Inferno, e scendendo sempre piĂ¹ giĂ¹ nella voragine incontrano gli ipocriti, coperti da cappe con cappucci che a coprono gli occhi, dorate all’esterno ma di piombo all’interno. Uno di loro apostrofa Dante, riconoscendolo come vivo, in quel luogo dove solo i morti hanno accesso, e dall’accento toscano, chiedendogli chi sia. Allora Dante si identifica come fiorentino, definendo ‘bel’ il fiume Arno, e ‘gran’ la villa, Firenze. Nell’aggettivo bello rivela la nostalgia per la sua patria, e nel chiamare Firenze la ‘gran villa’ esprime l’orgoglio di provenire da una ricca e potente cittĂ . Dante nacque presumibilmente nel maggio del 1265, da famiglia di fede guelfa, di origini nobiliari ma non particolarmente agiata e influente.
Quanto alla casa degli Alighieri, dove Dante nacque e visse fino all’esilio, va detto che nel tempo se ne erano perse le tracce, e solo agli inizi del Novecento, sulla base di studi su fonti storiche e letterarie, fu possibile rintracciare il luogo dove pressappoco si trovava: nel cuore della cittĂ , di frontre alla chiesa di San Martino (poi Oratorio dei Buonomini) e al monastero della Badia, a pochi passi dalla chiesa di Santa Margherita dei Cerchi e delle case dei Donati. Lì dove il tessuto urbano era fitto di alte torri, appartenenti alle diverse consorterie che facevano parte delle fazioni dei guelfi e ghibellini. Come tutte le guide turistiche di Firenze, anche io mi trovo spesso a mostrare gli edifici storici legati alla memoria di Dante, e a sottolineare la loro originalitĂ e autenticitĂ , fatta eccezione per la casa natale del poeta. Venne infatti totalmente ricostruita nel 1911, secondo un progetto non filologico, ma evocativo e liberamente ispirato all’architettura del 1200. All’interno il Museo Casa di Dante, dove si illustra la vita del poeta, dalla sua formazione culturale all’incontro con Beatrice, alla partecipazione alla battaglia di Campaldino come cavaliere, all’incarico di priore delle arti, fino alla drammatica accusa di corruzione che gli causĂ² l’allontanamento a vita dalla cittĂ .
‘Il mio bel San Giovanni’. Dante e il Battistero di Firenze
Tappa obbligatoria delle visite guidate a tema dantesco, piazza del Duomo, e in particolare il Battistero. Immaginiamo la cittĂ sul finire del 1200, e quali erano gli edfici pubblici a carattere religioso e politico giĂ costruiti: non molti a dire la veritĂ , sicuramente il palazzo del Capitano del Popolo (oggi Bargello, che peraltro troverĂ la sua forma attuale solo una volta finiti i lavori di ampliamento a metĂ XIV secolo), mentre gli edifici religiosi erano solo allo stato di cantieri, a parte alcune chiese di ridotte dimensioni in stile romanico. La cattedrale era ancora Santa Reparata, ma il Battistero si ergeva giĂ imponente e maestoso, distinguendosi nel tessuto urbano cittadino per il suo impianto classicheggiante e il paramento marmoreo in bianco di Carrara e verde di Prato.
Formazione e studi. Brunetto Latini, maestro di Dante
Provenendo da famiglia di classe nobiliare, Dante potè godere di educazione e formazione culturale, presumibilmente presso un precettore per l’apprendimento dei fondamenti delle discipline umanistiche e matematiche; poi si suppone abbia studiato grammatica e filosofia nel convento dei francescani di Santa Croce. Una personalitĂ di spicco nel panorama culturale di quegli anni era lo scrittore e poeta Brunetto Latini, di cui Dante fu quasi certamente allievo. Sfogliando le guide turistiche di Firenze, troviamo un nutrito elenco di personaggi famosi, dei luoghi dove sono nati e vissuti, delle loro sepolture nelle innumerevoli chiese della cittĂ , ma posso dire con certezza che a molti sfugge tra i tanti il nome di Brunetto Latini. La visita guidata a tema dantesco vi condurrĂ fino alla tomba di Brunetto, nella chiesa di Santa Maria Maggiore: non una delle piĂ¹ celebri basiliche, e va detto anche che la sepoltura del Latini è piuttosto anonima, persino difficile da trovare, ma proprio in questo sta l’attrattiva.
Brunetto Latini fu un erudito e un notaio, vissuto ai tempi di Dante, attivo anche in politica, rivestendo l’importante carica di priore nel 1287, autore di opere in volgare sia italiano che francese. Si era allontanato da Firenze dopo la battaglia di Montaperti, facendovi perĂ² ritorno qualche anno dopo. Scrisse ‘Il tresor’, la prima enciclopedia in volgare, spaziando da temi religiosi a storici, da argomenti di astronomia, medicina e politica.
Beatrice, musa di Dante
‘Nove fiate giĂ appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare’ (Dante Alighieri, La Vita Nova).
Da via Dante Alighieri, passando accanto alla torre della Castagna e all’Oratorio dei Buonomini di San Martino, ci troviamo alla Casa di Dante e subito dopo alla chiesetta di Santa Margherita dei Cerchi. Le guide turistiche di Firenze conducono molto spesso i loro gruppi fino a questa piccola chiesa romanica, per raccontare la storia di Beatrice, la musa di Dante. Purtroppo da qualche anno la chiesa è aperta con un orario ridotto, da quando la gestione è stata affidata alla comunità di Sant’Egidio, e quindi spesso ci si deve accontentare di vedere solo la facciata romanica in pietra. La tradizione vuole che qui Dante si sia sposato con Gemma Donati, a cui era promesso sposo con contratto di matrimonio, stipulato tra le rispettive famiglie, dall’età di 12 anni; inoltre la chiesa di Santa Margherita dei Cerchi sarebbe il luogo dove è avvenuto l’incontro con Beatrice, di cui Dante scrive nella Vita Nova, e infine qui Beatrice avrebbe trovato riposo nella tomba di famiglia, anche se su questo punto ci sono molti dubbi, essendo possibile che la sepoltura sia avvenuta in Santa Croce, avendo sposato Simone dei Bardi, che come risaputo aveva una cappella nella basilica francescana.
Beatrice era figlia di Folco Portinari, un agiato mercante e banchiere. Del padre si hanno molte notizie perchĂ© alcuni studiosi di Dante hanno condotto ricerche di archivio sulla famiglia Portinari per ricostruire le vicende della vita di Beatrice e i dati cronologici da incrociare con la vita e i testi di Dante, al fine di validare o meno l’identificazione delle due figure femminili. Folco Portinari fu attivo in politica, svolgendo tra l’altro la carica di priore nel 1282. Sappiamo che nel 1285 comprĂ² un pezzo di terra nei pressi della chiesa di Sant’Egidio e vi fece costruire il primo nucleo dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, atto benefico compiuto per scongiurare l’ammonimento della chiesa per usura. Nel suo testamento lasciĂ² tutti i suoi beni ai quattro figli maschi, come era consuetudine; una dote per le quattro figlie ancora nubili, e una somma di 50 lire di fiorini piccoli a Bice, giĂ sposata. In Santa Margherita dei Cerchi, sul lato sinistro, si trova l’altare Portinari, sotto al quale una lapide ci ricorda che qui Folco costruì la tomba di famiglia. Gli storici sono concordi nel ritenere sua figlia Bice la donna a cui Dante dedica la Vita Nova e che nella Commedia conduce il poeta attraverso i cieli del Paradiso.
Beatrice Portinari ha vissuto nella casa di famiglia situata in via del Corso, dove in seguito sarĂ costruito il palazzo Portinari Salviati. Sulla facciata del palazzo una lapide riporta la terzina tratta dal XXX canto del Purgatorio:
‘sovra candido vel cinta d‘uliva
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva’
E’ un’apparizione di luce e colori, di bellezza e speranza, che incanta il poeta giunto in cima alla montagna del Purgatorio, nel Paradiso terrestre. Beatrice ha in testa un velo bianco e una ghirlanda d’ulivo, indossa un mantello verde e un abito rosso vivo. Sono i colori delle virtĂ¹ teologali: fede, speranza e caritĂ . E’ su un carro, una nuvola di fiori intorno a lei, mentre cento angeli si alzano in cielo. Grazie a Beatrice, Dante potrĂ immergersi nel fiume Lete, il fiume dell’oblio, per dimenticarsi dei propri peccati.
Beatrice Portinari nacque nel 1266, a 19 anni fu data in moglie a Simone dei Bardi, e morì giovanissima, a soli 24 anni.
L’attività politica di Dante a Firenze
Provenendo da famiglia di nobile lignaggio, Dante condusse una giovinezza da gentiluomo, ricevendo adeguata educazione e istruzione. Come cavaliere partecipĂ² alla battaglia di Campaldino, all’etĂ di 24 anni, dove i guelfi ottennero una clamorosa vittoria sui ghibellini, tanto che l’evento segnĂ² il definitivo declino a Firenze della fazione che parteggiava per l’imperatore. Ma la vera e propria partecipazione attiva alla politica inizio per l’Alighieri qualche anno dopo, in una fase storica in cui si allentarono le maglie che escludevano i nobili dal ricoprire le massime cariche istituzionali e di governo. Nel 1293 il gonfaloniere Giano della Bella aveva infatti emanato gli Ordinamenti di Giustizia, grazie ai quali i nobili venivano tagliati fuori dalla politica, ma un paio di anni dopo si eliminarono le restrizioni piĂ¹ dure per coloro che si fossero iscritti a una della arti. Le arti erano corporazioni di professioni e mestieri, e nel corso del XII secolo avevano raggiunto un’importanza determinante nell’economia e nella politica di Firenze. La classe mercantile aveva preso il sopravvento su quella nobiliare e si avviava a detenere di fatto il potere dello stato fiorentino. Ricchi mercanti di lana e seta costituirono le Arti della Lana, di Calimala e di Por Santa Maria, tra le piĂ¹ influenti e prestigiose. Vi erano poi i Pellicciai e Vaiai, i Giudici e Notai, i Medici e Speziali, i Cambiavalute, con le loro rispettive arti. Si tratta di arti maggiori, sette in tutto, mentre le 14 minori erano escluse dai giochi di potere. Dante si iscrisse all’Arte dei Medici e Speziali, della quale facevano parte anche i pittori (Giotto e Masaccio vi furono tra gli altri iscritti). I medici del tempo erano conoscitori di filosofia, ed è questo forse il motivo della scelta di Dante in favore di questa corporazione. La visita guidata vi farĂ scoprire dove si trovava un tempo la sede di questa arte prestigiosa, nel quartiere del mercato vecchio, di cui purtroppo resta poco e niente a causa dei rifacimenti ottocenteschi. Altra tappa dell’itinerario su Dante con guida è la chiesa di Orsanmichele, l’antico granaio, decorata grazie alle Arti sia maggiori che minori per incarico della Signoria, con statue in bronzo e in marmo all’esterno, e affreschi all’interno: la Madonna della rosa, sul lato di via dei Lamberti, era la protettrice dell’arte a cui Dante appartenne.
GiĂ nel 1295 Dante fece parte del Consiglio del Capitano del popolo. L’anno dopo, tra il 15 giugno e il 15 agosto, rivestì la carica di priore. Il priorato delle Arti era stato istituito nel 1282: i priori rappresentavano le Arti maggiori e costituivano una delle massime cariche dello stato fiorentino, con potere esecutivo e rappresentativo. La durata della carica era breve, solo due mesi, ai fini di garantire equitĂ e larga partecipazione, scongiurando l’accentramento e l’abuso del potere. La loro sede era la torre della Castagna, situata proprio di fronte a dove nacque e visse Dante. Fu sostituita perĂ² qualche anno dopo dal Palazzo dei Priori, oggi Palazzo Vecchio, costruito appositamente per dare una degna sede al Priorato. Rivestire la carica di priore fu per Dante motivo di orgoglio civico, di sicuro rappresentĂ² un balzo di carriera; eppure si rivelĂ² essere poi la causa delle sue sventure, perchĂ© l’accusa di baratteria che gli fu contestata era relativa proprio al periodo del suo priorato.
A pochi passi da piazza della Signoria dove viveva Farinata, un altro fiorentino che Dante incontra in fondo alla voragine infernale e a cui riserva un trattamento molto piĂ¹ duro, fatto di parole sprezzanti e umiliazione, è Bocca degli Abati. La visita guidata vi permetterĂ di scoprire, attraversando l’intricato reticolo di torri medievali e strette vie della parte piĂ¹ antica di Firenze, dove si trovava la casa di Bocca. Nobile fiorentino di parte guelfa, poi passato a quella ghibellina, nella battaglia di Montaperti si trovava vicino al carroccio con lo stendardo di Firenze, retto da Jacopo dei Pazzi; quando a Jacopo fu mozzata la mano e lo stendardo cadde, gettando nello scompiglio l’armata guelfa, Bocca venne accusato di essere l’artefice del misfatto e venne incolpato di alto tradimento. Per questo vile crimine Dante lo colloca nella seconda zona del IX cerchio, l’Antenora, dove sono puniti i traditori della patria. Nel lago ghiacciato di Cocito, Bocca batte i denti e latra come un cane. Così Dante lo rappresenta disumanizzandolo, e mortificandolo orribilmente, concludendo il breve scambio di parole:‘Omai, diss’io, non vo’ che piĂ¹ favelle,/ malvagio traditor; ch’a la tua onta / io porterĂ² di vere novelle’
E altri saranno i personaggi della Divina Commedia che l’itinerario dantesco a Firenze vi farĂ conoscere. Corso Donati, capo dei guelfi neri, e le sue torri di via del Corso; Filippo Argenti, colpevole di peccato di ira, che a Firenze era noto per le arie che si dava e perchĂ© ferrava il cavallo con l’argento; Buondelmonte dei Buondelmonti, il cui assassinio la mattina di Pasqua per vendetta, accese la scintilla che accese la lotta tra guelfi e ghibellini; e il marchese Ugo di Toscana, che Dante chiama ‘il gran barone’, e il cui stemma ‘di rosso a tre pali d’argento’ è ricordato nel XVI canto del Paradiso.
Il cenotafio di Dante in Santa Croce
Dante fu ospite di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna, negli ultimi anni della sua vita. Fu accolto con tutti gli onori e gli venne reso merito per il suo valore di poeta e la sua statura culturale e morale. Qui completĂ² la Commedia e visse serenamente in compagnia della sua famiglia, a cui si era finalmente ricongiunto. La morte lo colse nel 1321, a causa della malaria che aveva contratto durante il viaggio a Venezia, compiuto con funzioni di ambasciatore per recarsi dal doge Giovanni Soranzo. Il funerale fu celebrato nella chiesa di San Francesco di Ravenna.
Nella cosiddetta zona del silenzio, Dante riposa nel tempietto in stile neoclassico costruito nel 1780 dall’architetto Camillo Morigia: sopra l’urna sepolcrale, una lastra scolpita a bassorilievo rappresenta il poeta in atteggiamento riflessivo e pensoso. Ogni anno, il 14 settembre, giorno della morte di Dante, una delegazione del Comune di Firenze si reca a Ravenna per consegnare come omaggio e segno di pacificazione l’olio d’oliva delle terre toscane per mantenere accesa la lampada votiva della tomba. Nel 2019 la cerimonia è stata particolarmente significativa, avvicinandosi i tempi alle celebrazioni del 700esimo anniversario della morte del poeta. A Ravenna si sono incontrati sindaci e amministratori provenienti da 31 cittĂ italiane. Il cardinale di Firenze Giuseppe Betori ha celebrato la messa solenne nella basilica di San Francesco e a seguire la tradizionale offerta dell’olio al sepolcro è stata accompagnata dal discorso del sindaco Dario Nardella: ‘La cerimonia dell’olio è un gesto di grande valore simbolico e di riconciliazione verso il Poeta. Ricordo che giĂ 29 anni dopo la morte di Dante i Capitani di Orsanmichele inviarono Boccaccio da Firenze a Ravenna con 10 fiorini d’oro che furono consegnati a suor Beatrice, figlia di Dante, segno giĂ allora che la cittĂ natale voleva ritrovare un rapporto con quel suo figlio così illustre’.
La vicenda delle spoglie di Dante è lunga e tormentata: una storia di contese e rancori, di cui un episodio particolarmente noto è quello avvenuto nel Cinquecento, quando da Firenze partì una rappresentanza con il compito di recuperare le spoglie mortali del poeta e condurle nella sua cittĂ natale. Ufficialmente il papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico dei Medici, concesse il permesso della chiesa di Roma affinchĂ© si compisse la missione. Ma i fiorentini non trovarono i resti di Dante, perchĂ© i frati francescani li avevano nascosti nel loro convento. Firenze dovette infine rinunciare. Nell’Ottocento, ormai assodato che la tomba di Dante sarebbe rimasta a Ravenna, Firenze si rassegnĂ², dovendosi accontentare di un cenotafio nella basilica di Santa Croce. Ed è qui che la vostra guida turistica vi condurrĂ per compiere il percorso dantesco. Nella navata destra della basilica, accanto al monumento funerario di Michelangelo Buonarroti, si trova la tomba simbolica, vuota, di Dante Alighieri. L’opera fu eseguita dal giovane artista emergente Stefano Ricci tra il 1818 e il 1830. Un lungo lavoro, che richiese quasi dieci anni; venne finanziato da personalitĂ del mondo culturale e letterario del tempo. Un entusiasta Giacomo Leopardi scriverĂ per l’occasione la canzone ‘Sopra il monumento di Dante che si preparava a Firenze’. Era un periodo di intensi fermenti prerisorgimentali, in cui la realizzazione del monumento a Dante si inseriva perfettamente, nel celebrare gli uomini illustri del passato che avevano contribuito la gloria della penisola. Il cenotafio di Dante si rivelĂ² perĂ² una delusione. A detta di molti non soddisfaceva le aspettative, per il suo carattere freddo e retorico, pedissequamente imitativo dello stile del Canova. Dure critiche furono rivolte al modo in cui era rappresentato Dante, sia per le vesti all’antica sia per i caratteri fisici non corrispondenti al vero.
In Santa Croce Dante è rappresentato anche sul sagrato a sinistra della facciata: la statua in marmo di Carrara venne eseguita da Enrico Pazzi nel 1865 per la ricorrenza dei 600 anni dalla nascita del poeta. Sarebbe dovuta appartenere alla città di Ravenna, ma questa non la ebbe per il costo esoso, e venne acquisita da Firenze. Rimase al centro della piazza fino al 1967, quando venne spostata accanto alla facciata. Sul piedistallo un’epigrafe recita:
A Dante Alighieri
L’Italia
M DCCC LXV